MOTODEPOCA.NET by Mauro Fornasari

CHI SONO
Il tempo non cancella l'emozione vissuta, il ricordo dell'aspro odore degli scarichi nelle narici, il progredire delle cambiate e la discesa delle scalate, la soddisfazione di saper girare un cacciavite e sentire cambiare il respiro di un motore.
Oggi l'Intelligenza Artificiale delle nuove tecnologie toglie alle nuove generazioni la consapevolezza che sia l'uomo a dominare il "Ferro".
Ma ciò che è peggio, si perde l'anima romantica del meccanico, che spazzando la mano destra nello straccio bigio, la porgeva al cliente, all'amico che lo ringraziava di aver risolto un problema. C'è stato un tempo in cui eravamo uomini!
Mauro Fornasari
Come ho iniziato.

Sono Mauro, e sono figlio d'arte. Ritengo di aver avuto il miglior maestro che un apprendista potesse avere: Mio Padre. Fra il 60 e il 90 Fornasari GIGI è stato un istituzione dalle nostre parti, a Bologna,
Frequentavo ancora l'asilo quando lui tornava dal lavoro e mi portava degli ingranaggi del cambio o una candela, un dado e un bullone, quelli che lui chiamava "i pezzi", perfettamente puliti.
Ricordo ancora l'odore di officina che aveva la sua tuta che si toglieva solo dopo avermeli dati. E l'odore della benzina che usava per pulirli, anche se sono sicuro risciacquasse tutto.
Era dolce, non come quella di oggi.
A nove anni su un piccolo seggiolino mi sedevo sul marciapiede e pulivo i cilindretti dei freni delle utilitarie, allora rigorosamente a tamburo.
Dopo poco, allenate le mani alla pinza delle molle, smontavo e rimontavo le ganasce.
Non c'era l'avvitatore pneumatico, quindi era il babbo che allentava e stringeva i bulloni dei tamburie delle ruote, dopo un bel controllo ovviamente.
Dai docici ai sedici anni ho imparato tantissimo e, a parte ad elaborare le moto come poi spiegherò, ero arrivato a revisionare motori e cambi o i primi turbodiesel. Ricorderò sempre i VM della Alfa.
Poi crescendo mi sono specializzato in iniezioni, e ciò prima ancora che la Fiat installasse la sua prima Marelli sulla Argenta.
Insomma la mia gavetta l'ho fatta da molto giovane e ne sono felicissimo.
Prima ancora di diplomarmi, mi cimentavo nella costruzione di piccoli motori a due tempi.
Con tornio e fresa di un cliente ne ricavavo i componenti, che forse non erano esteticamente bellissimi ma comunque funzionanti.
Mettevo in crisi la rettifica quando presentavo dei collo d'oca di motori da sette o da dieci cc.
Utilizzavo i piccoli carburatori delle auto telecomandate per provarli sul banco, affumicando l'officina di Nitrometano mentre mio padre era orgoglioso di quei piccolissimi prodigi del figlio.
Purtroppo non ho avuto modo di continuare gli studi e così ho lavorato sulle auto con mio padre e poi con altre mie due aziende fino al 2002,
Nella mia esperienza professionale ho operato elaborazioni, ma stavolta, non più cambiando un diagramma con utensili, ma sopratutto con la tastiera di un PC modificando le mappature delle centraline.
Know How che ho sfruttato di più per migliorare il funzionamento delle auto dei clienti o per segnalare soluzioni alla Lancia, come officina Cedac della a rete.

A 14 anni ho conosciuto le due ruote.

Non eravamo ricchi e quindi il primo "motorino", a quattordici anni, fu quasi un .... restauro.
Era un ciclomotore monotubo che ho scoperto non da molto essere nato come BM. Mal messo, ne
sostituii il motore e revisionai le forcelle acquistando i pezzi dal "solfanaio", un demolitore che si trovava a Borgo Panigale,
Come si diceva allora, andavo a "ravanare" in mezzo agli scarti.
Conoscevo un preparatore della Minarelli però, e grazie all'officina del babbo, anche tanta gente del giro delle moto (prima delle auto lui riparava motoscooter e motocicli) e ciò mi fu utile.
Il mio BM fu elaborato e io ero sempre sul "pezzo", di fianco a chi faceva il lavoro e ...imparavo.
Poi mi venne il "trip" del Motocross.
Sempre grazie alle amicizie di mio Padre mi procurai un telaio di un Ancillotti, comprai mozzi e cerchi ... dal "Solfanaio" ... trovai un serbatoio in vetroresina, e un vecchio P6 Minarelli, corsa lunga.
Elaborai il motore e andai a provarlo in un fondo in cui Italo Forni aveva tracciato una specie di percorso, poche ma lunghe salite e discese in un terreno calancoso,
Marco Agostini, che un fotografo professionista e un grande "Ciappinatore", era sempre in officina da miao padre.
Questo perché Gigi preparava i Defender che Marco e un allora giovane e archeologo, tal Valerio Massimo Manfredi, usavano nelle spedizioni di studio dell' “Anabasi” per la ricostruzione, sul campo, dell'itinerario della ritirata dei Diecimila. Lo scrive anche Wikipedia che furono diciottomila chilometri percorsi su questi mezzi.
Preparazioni che mio padre faceva in cambio di stima, mortadella e bottiglie di vino, quando appunto si era ancora uomini, perché si tirava giù la serranda, la sera lavorando di notte, per fare i piaceri agli amici.
Fu proprio Marco, che mi accompagnò sulla pista e mi scatto la foto che ho posto sopra a questo testo.
La Malipiero Editore ne fece un Puzzle che i miei amici, gli stessi che stavano con me la sera in officina a guardarmi "Pistolare i motori", trovarono in un edicola.
Mi chiamavano il "Rigatone", In gara rigorosamente con la maglia a righe bianca e blu o bianca e rossa.
Qualcuno, con la puzza sotto il naso, anche "Fantozzi", perchè mentre questo "fenomeno" si poteva permettere il meccanico, il furgone e la moto da allenamento, io dovevo caricare la mia, ed unica, su un Reanult R4 smontando la ruota anteriore per farcela entrare.
Ho corso come Cadetto, in classe 50 e 125 cc. Nella Classe maggiore l'ho fatto con un KTM MX del 1976.
Avendo anche delle soddisfazioni.
Ci si divertiva tanto e si migliorava,
continuamente. Si imparava ogni giorno qualcosa di nuovo. Ci si faceva un mestiere, con una soddisfazione che ancora oggi cerco in tutto ciò che faccio.

Moto d'Epoca, ma perchè?

Oggi, che nato nel '60 sto doppiando il mio millesimo, sono un Consulente Tecnico nel mondo dell'automotive e, sopratutto, nella analisi del prodotto e avarie nel settore Nautico,
Dopo anni di regate veliche e altri, con le mani e la testa fra compositi, regolamenti e impegnato nelle certificazioni, utilizzando strumenti elettronica e tecnologie evolute, ho riscoperto che ho bisogno di usare le mani come una volta.
Ho di nuovo la voglia di immergermi nell'odore di officina, quello delle tute di una volta.
Ho di nuovo bisogno dei motori e della meccanica che ha bisogno di manualità, di intelligenza e del "sapersi arrangiare".
Sono più che conscio che nella mia professione sono "quello che sono" perché credo di avere in me la passione, l'intuizione e la capacità analitica che mio Padre e la mia curiosità mi hanno fornito.
Ciò acquisito forgiandomi durante la crescita in quella che definisco l'ultima fortunata generazione di meccanici.
Quelli che hanno iniziato per passione senza i Social, quelli del garage fino a notte o al mattino.
La mia generazione, sopratutto qui in Emilia, non è appartenuta solo al mondo dei "praticoni superficiali".
Grazie alla propria curiosità, il coraggio di sentirsi sempre all'altezza e la determinazione a imparare
(spesso arrangiandosi anche con attrezzi impropri), questa ha sempre cercato di rispondersi sul cosa c'era dentro le cose, perché e come funzionavano.
Chissà? Certo perché sono ormai vecchio e nostalgico, mi viene in mente che la mia è la generazione del Carosello "prima maniera" dove anche la pubblicità suggeriva il buon senso delle cose, come ad esempio questa:
https://www.youtube.com/watch?v=2gUvPNvDeK8
Il mio sito Professionale:
Quello che nel 1999 scrissi per me e gli amici della vela

